Il Documentario
Il documentario si riferisce ai modi in cui i film parlano del mondo che ci circonda, ma da un punto di vista particolare. Nessuno si è imposto di creare una tradizione del cinema documentario. Nessuno si è messo a “inventare” il documentario in quanto tale. Il documentario nasce dal desiderio di alcuni registi e studiosi di capire come hanno fatto le cose a diventare come sono ora. L’interesse dei documentaristi di un tempo non era di fornire un sentiero semplice e chiaro per lo sviluppo di una tradizione di questo genere. Il loro interesse e la loro passione erano di esplorare i limiti del cinema, di scoprire nuove possibilità e forme. Il fatto che alcuni di questi “esperimenti” sarebbero diventati ciò che ora chiamiamo documentario rende ancora più difficile delimitare i confini fra l’intento di documentare la realtà e quello di sperimentare nuove forme.
Il successo del documentario
Il successo del documentario è stato reso possibile dall’invenzione del cinema che come sottolineava il teorico Christian Metz negli anni ’60:”…duplicare l’impressione del movimento vuol dire duplicare la realtà” [B. Nichols, “Introduzione al documentario”, 91]. Il cinema ha ottenuto questo risultato come mai nessun mezzo comunicativo aveva fatto prima.
Louis Lumière, nel XIX sec., fu il primo a ottenere questo effetto nel suo film “L’uscita dalle fabbriche Lumière”, infatti, nonostante il film sia composto da una singola inquadratura e duri pochi minuti, dà l’impressione di aprire una finestra sul mondo, un angolo nascosto da cui osservare la vita quotidiana.
Questo ed altri lavori simili dello stesso regista vengono solitamente indicati come l’origine del documentario, in quanto mantenevano viva quella fede nell’immagine che il critico francese Andrè Bazin ha lodato dicendo: “I film di Lumière registravano la vita di tutti i giorni nel modo in cui accadeva. Girati senza abbellimenti o montaggio, rivelano una brillante simmetria degli eventi, come se volessero rappresentare l’evento senza svelarne il segreto.” [B. Nichols, “Introduzione al documentario”, 91]. Il cinema era uno strumento dal potere straordinario, non aveva bisogno di esagerazione o di spettacolo per conquistare l’ammirazione del pubblico.
La registrazione del reale
La combinazione della passione per la registrazione del reale e per lo strumento capace di una grande verosimiglianza ha generato una notevole purezza di espressione nell’atto della ripresa documentaria, come ha dimostrato con le sue opere Matuszexki. Il documentario si basa sulla fiducia che lo spettatore è disposto a concedergli: quando si crede in qualcosa senza che vi sia una prova della validità della nostra opinione, questo diventa un atto di fede.
I documentari ci invitano ad affidarci alla fede nel credere che quello che si vede è quello che realmente è accaduto. Quest’atto di fiducia può derivare dalla capacità dell’immagine di riprodurre la realtà, nonostante ciò non sia una sufficiente giustificazione. Infatti, quello che viene mostrato sicuramente è accaduto, ma il documentarista, modificando il contesto, con inquadrature particolari, può modificare il significato dell’immagine.
Storia del documentario
Negli anni ’20 del XX sec. si affermò, anche se fu un lampo nella storia documentaristica, una nuova ideologia documentaristica: la sperimentazione poetica. Questa si fondava sulla presa di posizione del regista, al contrario di quanto succedeva nel secolo precedente, che cercava di mostrare poeticamente, facendo emergere il lato emozionale degli eventi. Questo filone non ebbe molto successo probabilmente per la difficoltà di uniformare all’unisono i sentimenti. Tuttavia questa dimensione poetica ha un ruolo vitale nella nascita del documentario così come lo conosciamo oggi, poiché metteva le basi per la comparsa della voce narrativa a supporto delle immagini.
In seguito, infatti, nacque il racconto narrativo che vede lo sviluppo di una voce narrativa ancora più dominante. Nel racconto narrativo lo stile si univa alla costruzione di una trama per raccontare una storia che rivelava, la voce o il punto di vista del regista sul mondo da lui creato e, indirettamente attraverso i suoi pensieri su quello immaginato, sul mondo vero condiviso da tutti.
L’innovazione più importante per il miglioramento del documentario è stata quella di permettere di raccontare un’azione o un evento da diversi punti di vista: da quello del narratore onnisciente, di un osservatore esterno o dal punto di vista di personaggi diversi. Inoltre la narrazione diventa fondamentale per creare nuove strutture all’interno del documentario. La struttura “problema/soluzione” di molti documentari fa uso di tecniche narrative e della retorica. La narrazione perfeziona il finale, ritornando ai problemi o ai dilemmi che erano stati posti all’inizio dando loro una soluzione.
Le componenti del documentario
Il mostrare, il raccontare, la forma poetica e l’oratoria sono le componenti principali del documentario.
La voce classica dell’oratoria proponeva il mondo in modo tale da rivelare una particolare visione di esso. Cercava di persuadere lo spettatore del valore di un dato punto di vista e di prepararlo all’adozione di un tipo di atteggiamento morale riguardante il mondo.
Fra gli anni Venti e Trenta era diventata di vitale importanza l’idea che la voce del regista, (e attraverso di essa quella della società e del governo), prendesse forma attraverso il modo in cui le visioni del mondo erano rimodellate dall’uso della ripresa e del montaggio. Queste tecniche dimostravano che era possibile creare dei film complessi da frammenti del mondo riuniti per esprimere un particolare punto di vista. La retorica, in ogni suo scopo e forma, serve a fornire le caratteristiche finali e particolari del documentario.
Queste sono le tappe fondamentali che il documentario ha percorso per arrivare a essere così come lo conosciamo oggi. Su questi presupposti si basano tutte le evoluzioni passando dai primi grandi documentari dell’Istituto Luce, sino ad arrivare a quelli televisivi come “Quark”.
Il documentario marino nasce molto più avanti rispetto a quello sociale di Lumière. Questo è dovuto ai limiti delle attrezzature che non funzionavano in ambiente liquido. Nel 1939 l’austriaco H. Hass mise a punto la prima cinepresa scafandrata, funzionante anche immersa in acqua, capace di riprendere le meraviglie del mondo sommerso. Nello stesso anno Rossellini realizzava il primo cortometraggio subacqueo: “Fantasia Sottomarina” realizzato in un acquario, narra la storia di due pesci che lo abitano. Da questo momento in avanti si svilupperanno sempre più la tendenza e la voglia di documentare il mare. Il Comandante Jacques-Ives Cousteau fu indubbiamente il primo a mostrare al grande pubblico il mare in tutte le sue forme.
Storia del documentario naturalistico a tema marino
Il documentario marino poteva contare sulle evoluzioni storiche della documentazione, creando sin dalle prime pellicole un’opera completa che era in grado di mostrare, raccontare, utilizzare la forma poetica e la voce narrante. Tecnicamente era già un’opera, da un punto di vista teorico, completa ma la sua peculiarità, e probabilmente il suo asso nella manica, era che nessuno conosceva ciò che c’era sotto la superficie di quell’immensa coperta blu.
Tutti volevano sapere com’era, un po’ come accadde quando s’iniziò a studiare la Luna, diversi anni dopo, l’interesse dell’opinione pubblica era altissimo. In questo motivo insieme al carisma, alla determinazione di Cousteau nella scoperta subacquea e nella sua capacità di offrirla a tutti, risiede il segreto del successo che avrà questo genere di pellicola. Un sogno diventato realtà per la razza umana come dice lo stesso Cousteau dopo il suo primo tuffo con le bombole e l’erogatore da lui inventato:”…La notte sogno spesso di volare allargando le braccia come ali. Ora avevo le ali e volavo (fino a quel primo tuffo con l’autorespiratore, non avevo mai sognato di volare)…” [Cousteau, “Il Mondo Silenzioso”, 15].
Dopo di lui si avventurò alla scoperta dei mari Folco Quilici, anche lui cercando di mostrare cose mai viste della distesa blu che abbraccia la terra. Questi documentari posero le basi per una vasta tradizione che compare in Italia negli anni ’90 con i lavori televisivi di “Linea Blu” e “Pianeta Mare”. In particolare si è evoluta fra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI secolo un nuovo modo di comunicare il mare: il documentario partecipativo realizzato in apnea.
Umberto Pelizzari, l’”uomo delfino”, riuscì a proporlo in Italia sul piccolo schermo seguendo, con grande successo, l’esempio del suo maestro Jacques Mayol e di Enzo Maiorca. I due apneisti che avevano affascinato il mondo con le loro sfide arrivano a portare l’apnea sul grande schermo col film di Luc Besson “Le grand bleu”. Pelizzari ottenne questo risultato dopo aver lasciato a bocca aperta il mondo con le sue immersioni nel profondo blu: con un respiro arrivare dove nessun essere umano era mai arrivato prima, nell’intimità del mare, fondendosi in un rapporto unico fatto di anima e corpo con l’infinità dell’oceano.
Come dice Pelizzari:”…Il subacqueo si immerge per guardare, l’apneista per guardarsi dentro…” [Pelizzari, “Profondamente”, 13]. Dietro questa frase si cela il segreto che i suoi documentari sono stati capaci di comunicare attraverso l’apnea. Attraverso questa particolare quanto affascinante tecnica di immersione non comunica più solamente cosa c’è sotto la superficie ma anche come rapportarsi col mare nella più autentica armonia e intimità.
Il rapporto fra gli esseri umani e il mare
L’essere umano diventa un essere marino senza bisogno di ausili per respirare, solamente l’uomo e il mare. Il mare come un ospite per l’uomo e l’uomo come ospite per il mare. Questi principi sono ripresi anche da alcuni documentari girati dalla BBC e destinati alla televisione come “The Blue Planet”, o al cinema come “Profondo Blu”. Le eccezionali riprese mostrano gli animali marini che non sono minimamente disturbati dagli operatori. Questo significa che gli uomini si sono immersi con grande attenzione facendo forse propri i principi, mostrati da J. Mayol per primo, di unione e rispetto dell’ambiente marino riuscendo a realizzare immagini di incredibile bellezza.
Seguendo questi intenti di unione sempre più intensa fra l’anima del documentarista e il mare questi documentari hanno potuto crescere, affascinare e svilupparsi aprendo a tutti le porte della conoscenza di un nuovo meraviglioso mondo pieno di vita, di storie, di curiosità e di semplicità.