L’oceano è la culla che ha permesso alla vita di evolversi sulla Terra. Il nostro pianeta è ricoperto dai mari per il 78% della sua superficie e forse più che pianeta Terra dovrebbe chiamarsi pianeta Oceano! Ma cos’è l’oceano?
Le scienze del mare, nel corso della loro evoluzione, sono arrivate a sostenere che non esistono tanti oceani e mari differenti ma uno solo: l’Oceano Mondiale. Quest’oceano costituisce il 97,3% dell’idrosfera, cioè di tutte le acque presenti nel sottosuolo o nella superficie di un pianeta. Gli altri elementi sono:
- Le acque di superficie, come ghiacciai, corsi d’acqua e laghi (2,1%);
- Le acque sotterranee (0,6%);
- Il vapor acqueo atmosferico (0,001%).
Possiamo definire schematicamente l’Oceano Mondiale come quell’insieme d’acqua distribuito attorno all’Antartide. Queste acque s’insinuano fra i blocchi continentali formando tre oceani: Pacifico, Atlantico e Indiano. Gli studiosi hanno scoperto che tutte le acque salate della Terra hanno caratteristiche fisiche e chimiche uguali.
Il mare è definito come una porzione di oceano racchiusa fra i continenti. La parziale chiusura di queste zone provoca dei cambiamenti nelle acque: come il grado di salinità e la temperatura che, a loro volta, influenzano la vita della flora e della fauna. La superficie è un luogo d’incontro fra due entità distinte: aria e mare. L’interazione fra i due elementi produce scambi di gas, di energia e di calore. Per questo motivo i mari possiedono caratteristiche differenti e dipendenti dalla latitudine in cui si trovano. Nel Mar Rosso per esempio, a causa della forte evaporazione e allo scarso apporto di acqua dolce, si raggiungono gradi di salinità superiori alla media (circa 42‰). Queste caratteristiche, che in seguito tratteremo nello specifico, permettono di chiarire il concetto di oceano, ma non ci dicono assolutamente nulla sulla sua origine. Come si è formato l’Oceano Mondiale?
Secondo gli studiosi gli oceani si sono formati grazie alla condensazione, dovuta al raffreddamento del pianeta, delle enormi quantità di vapor acqueo presenti nell’atmosfera primordiale della Terra. Il vapor acqueo condensato ha formato la pioggia che si è abbattuta violentemente sulla superficie terrestre, formando appunto gli oceani. I bacini oceani contengono circa 1,5 miliardi di Km3 d’acqua. La pioggia precipitando sulle rocce le erodeva, acquisendo i sali minerali presenti nel terreno e portandoli sino all’oceano. Questi sali insieme con quelli prodotti dai vulcani sottomarini sono la causa della salinità dell’acqua marina.
Questo nuovo ambiente liquido si formò circa 5 miliardi di anni fa e solo dopo 1,5 miliardi di anni fecero la loro comparsa le prime forme viventi, estremamente semplici e molto simili ad alcuni batteri presenti ancora oggi. Gli studiosi hanno battezzato i nostri primi antenati: i procarioti, formati da cellule eterotrofe, cioè incapaci di sintetizzare autonomamente nuova sostanza organica, molto semplici e senza un nucleo definito. In seguito iniziarono a svilupparsi gli autotrofi, capaci di sintetizzare autonomamente la materia organica. Queste nuove forme di vita furono fondamentali per la futura presenza di vita sulla terraferma: iniziarono per primi a liberare ossigeno dall’anidride carbonica trasformando progressivamente l’atmosfera fino a farla assomigliare a quella che conosciamo oggi.
Dopo aver capito come si è formato l’oceano, andiamo a conoscere quali sono le sue caratteristiche.
La salinità
È la caratteristica più nota del mare ed è anche fra quelle che più condiziona la vita sottomarina. Come abbiamo visto prima la salinità è dovuta alla presenza dei sali minerali, fra cui i più importanti sono: il cloruro di sodio che è “il sale da cucina”, il cloruro di magnesio e il solfato di magnesio. È importante ricordare che questi sali non evaporano e rimangono sempre disciolti nell’acqua sotto forma di ioni: i cationi, atomi con cariche elettriche positive, e gli anioni, atomi con cariche elettriche negative.
Analizzando le acque di tutti i mari del mondo, i ricercatori hanno scoperto la Prima Legge dell’Oceanografia Chimica, la quale dimostra che le proporzioni relative fra i vari ioni è circa uguale, anche se la loro quantità varia notevolmente nelle diverse zone. Tutti i mari contengono quindi gli stessi sali e in proporzioni uguali, cambiano solamente le quantità.
La salinità media dei mari è di circa 35‰, cioè 35 g di sale per ogni Kg di acqua. Questo rapporto risente molto del clima e della latitudine in cui è situato il mare, come abbiamo visto prima l’esempio del Mar Rosso e del Mare del Nord. Il Mediterraneo essendo un mare semichiuso ha una salinità media superiore alla norma, circa 37‰. Per lo stesso motivo durante l’inverno nei mari molto freddi la salinità aumenta a causa della solidificazione dell’acqua in ghiaccio che esclude parzialmente i sali. Al contrario nei luoghi dove è presente un notevole apporto di acqua fluviale, la salinità sarà minore, come nel Mar Nero, dove è di circa 17‰. Inoltre, la salinità può variare sia orizzontalmente sia verticalmente: il primo caso è tipico degli sbocchi fluviali, dove la grande presenza di acqua dolce abbassa la salinità. Man mano che si allontana dalla foce l’acqua torna a una salinità più elevata. I due differenti tipi di acque formano una divisione netta chiamata aloclino. Il secondo caso fa riferimento alla profondità: le acque superficiali, a causa dell’evaporazione o della glaciazione, come abbiamo già visto, contengono un maggior contenuto di sali. Man mano che si sprofonda nell’abisso la salinità si riavvicina al suo valore medio.
La temperatura
Gli oceani hanno una temperatura media superficiale di circa 15°C. Le acque superficiali sono continuamente soggette all’irradiazione solare e al contatto con l’atmosfera, quindi si riscaldano. Al contrario, nelle profondità confluiscono le masse d’acqua fredda che abbassano la temperatura media a circa 3,5°C. Scendendo negli abissi, le temperature sono costanti a tutte le latitudini e si aggirano intorno agli 0°C ma a causa della forte pressione a cui sono sottoposte, non ghiacciano. Il Mar Mediterraneo è un’eccezione a questa regola. Infatti, le sue acque profonde, che arrivano sino a 4000 m, hanno temperature costanti di circa 12-13°C.
La temperatura superficiale è condizionata da due elementi: la latitudine e, alle medie latitudini, dalla stagione. Ai Poli, infatti, la temperatura delle acque si abbassa sino a -2°C che equivale al punto di congelamento dell’acqua salata. Al contrario alle basse latitudini, come ai Tropici, le temperature sono costantemente superiori a 20°C e si mantengono elevate sino a 500 m di profondità dove subiscono un brusco raffreddamento generando il termoclino, cioè una netto cambiamento della temperatura. Alle medie latitudini, come nel bacino del Mar Mediterraneo, la temperatura superficiale è legata alle stagioni.
In primavera i raggi del sole scaldano la superficie del mare formando uno strato di acqua calda superficiale, che si espande lentamente anche in profondità. Questo strato mantiene la temperatura quasi costante e forma un termoclino estivo che impedisce lo scambio delle sostanze nutritive fra le due zone. In autunno, le prime mareggiate rimescolano i due strati d’acqua, quello superficiale e quello profondo, uniformando la temperatura. Durante l’inverno e il raffreddamento della superficie del mare avviene il processo inverso.
La temperatura superficiale del Mar Mediterraneo varia dai 10-13°C invernali, ai 20-24°C estivi.
Queste nozioni sono fondamentali per capire quali sono le ripercussioni sull’ambiente marino, dovute all’aumento della temperatura atmosferica.
I gas
La legge di Henry stabilisce che tutti i gas si possono disciogliere in acqua, infatti, avvengono continui scambi fra l’acqua e l’atmosfera. Il ruolo più importante è giocato dalle onde, in particolar modo quando si rompono spumeggiando sulle scogliere. La quantità di gas è legata strettamente alla salinità e alla temperatura dell’oceano: più l’acqua è calda e ricca di sali, minore è la presenza di gas, ossigeno compreso. Ma quali sono i gas presenti nelle acque marine?
I gas principali sono: ossigeno, anidride carbonica, azoto e idrogeno solforato. L’ossigeno è uno degli elementi fondamentali per la vita, come del resto avviene sulla terraferma. Questo gas ha una diffusione molto lenta ed è trasportato in profondità soprattutto dalle correnti. In superficie la concentrazione di ossigeno è in media di 8 mg/l che è pari al livello di saturazione dell’acqua, cioè alla massima quantità di gas presente in un litro di acqua. Questo valore, però, può subire variazioni a causa della temperatura e della salinità: le acque fredde e dolci possono contenere più ossigeno. Questo gas è indispensabile per la respirazione degli esseri marini. I pesci, durante questo processo, consumano ossigeno per produrre anidride carbonica; al contrario le piante e le alghe, sfruttando l’energia dei raggi solari, sintetizzano il carbonio e lo trasformano in ossigeno, questo processo si chiama fotosintesi.
L’anidride carbonica, al contrario dell’ossigeno, ha un’elevata solubilità e può raggiungere nell’oceano una concentrazione di 10 mg/l. Questo gas è importantissimo per l’ecosistema marino: infatti, permette la formazione del carbonato di calcio che è utilizzato dagli organismi marini per crearsi lo scheletro, gusci calcarei compresi. Inoltre svolge un’importante funzione nel mantenimento di un pH equilibrato, il quale permette anche a organismi molto semplici di vivere. Questi organismi, infatti, non possedendo meccanismi fisiologici idonei a contrastare la variazione del pH, scomparirebbero.
L’azoto è un altro gas presente nelle acque, anche se quasi inerte. Solo alcuni piccoli organismi, i Cianobatteri, sono in grado di trasformarlo in ammoniaca, attraverso un processo chiamato azotofissazione.
I nutrienti
Le sostanze disciolte e le particelle in sospensione sono molto abbondanti nelle acque marine, a volte arrivano a concentrazioni tali da ridurre perfino la trasparenza dell’acqua. Le proteine e gli zuccheri hanno un ruolo fondamentale: infatti, i vegetali li utilizzano per produrre sostanze organiche di base, necessarie a tutti gli esseri viventi. Queste sostanze prendono il nome di nutrienti. I principali sono: il fosforo, il silicio e quelli contenenti azoto.
Solo alcune di queste sostanze si generano in mare attraverso processi di decomposizione degli organismi marini, la maggior parte, infatti, è trasportata dai fiumi. Le sostanze nutritive che non sono sfruttate nell’immediato si accumulano lentamente in profondità e solamente grazie a correnti ascensionali possono tornare in circolo negli strati superficiali.
La luce
Come abbiamo visto prima, la luce gioca un ruolo fondamentale nel processo di fotosintesi che sta alla base della vita. La luce solare diminuisce la sua intensità in modo proporzionale alla profondità, poiché l’acqua ha un forte potere attenuante. L’acqua, inoltre, si comporta come un filtro, attenuando in modo diverso le lunghezze d’onda che corrispondono ai vari colori. Partendo dalla superficie, i colori non sono più visibili: il primo che scompare è il rosso (a 10 m), poi l’arancione (a 20 m), il giallo (a 40 m), il verde (a 50 m) e per ultimo il blu (sino a 500 m).
La presenza o meno di luce determina la formazione di diverse zone nella colonna d’acqua:
- Eufotica: dove sono possibili i processi fotosintetici, in Mediterraneo arriva sino a 100 m;
- Oligofotica: in questa fascia compresa fra i 100 m e i 500 m, dove arriva solo la luce blu, solo pochi vegetali riescono a sopravvivere;
- Afotica: è una zona buia, compresa fra i 500 m e il fondo degli oceani, dove non sono presenti organismi in grado di realizzare la fotosintesi a causa della totale mancanza di luce.
In alcune recenti ricerche, i biologi hanno scoperto delle vere e proprie comunità che popolano gli abissi e che sono completamente indipendenti dall’energia solare. Questi piccoli organismi sono in grado di ricavare le risorse nutritive dall’energia geochimica. A 3000-4000 m di profondità alcuni batteri traggono l’energia per la produzione di molecole organiche, necessarie per tutti gli altri esseri viventi, metabolizzando i solfuri prodotti dall’attività idrotermale. I casi più famosi sono costituiti da quelli che vengono chiamati camini idrotermali: veri e propri coni rovesciati che emettono in continuazione “fumi neri” ricchi di sostanze che per gli abitanti delle zone eufotiche sarebbero letali, mentre al contrario per questi “batteri abissali” sono importantissimi.
Tutte queste caratteristiche viste sin’ora agiscono sinergicamente fra loro formando differenti habitat a seconda delle latitudini e delle condizioni geochimiche dell’oceano. Ci permettono di capire perché alcune specie si siano stabilite in determinate zone piuttosto che altre, ma anche perché possono diventare preoccupanti alcuni cambiamenti climatici significativi, come l’innalzamento della temperatura.