Tipi di documentario
Nel capitolo precedente abbiamo visto cos’è un documentario. Proviamo ora a vedere quali forme può assumere questo prodotto della televisione e del cinema.
Ogni documentario ha la sua voce distinta e ha un proprio stile particolare che permette di differenziarlo dagli altri, testimoniando l’individualità del regista.
All’interno dei film o video documentari possiamo identificare sei modalità di rappresentazione o sei sottogeneri: poetica, descrittiva, partecipativa, osservativa, riflessiva e rappresentativa. Queste sei modalità creano una struttura semi-rigida predisponendo delle convenzioni che un dato film può adottare, fornendo delle precise aspettative che gli spettatori vogliono vedere mantenute.
Il desiderio di scoprire nuovi modi di rappresentare il mondo contribuisce, insieme allo sviluppo di nuove circostanze, alla formazione di ogni caratteristica. Le nuove modalità nascono in parte in risposta a delle carenze percepite nelle precedenti, in parte dalla consapevolezza che serve qualcosa di nuovo per rappresentare un mondo in continua evoluzione.
Le diverse modalità non indicano un modo migliore di rappresentare il mondo, ma una nuova tendenza con cui organizzare i film e una nuova serie di problemi e di desideri da proporre al pubblico.
Ognuna dei sei sottogeneri ha caratteristiche proprie. Vediamole.
Modalità poetica (anni ’20)
È particolarmente adatta a esplorare le possibilità di comunicare in maniera alternativa le informazioni, di proporre determinati argomenti o punti di vista o presentare ragionevolmente la soluzione di un problema. Questa modalità, di cui Grierson fu uno dei massimi interpreti, dà evidenza all’impressione, al tono e comunica molto più che sole informazioni o un tentativo di persuasione. L’elemento retorico resta poco sviluppato.
La dimensione documentaristica del modo di rappresentazione poetico deriva largamente dal grado con cui i film modernisti utilizzano il mondo reale come fonte di materiale.
Modalità descrittiva (anni ’20):
Unisce frammenti del mondo reale in una struttura più retorica o argomentativa di quella poetica ed ebbe in Flaherty il principale esponete. Essa si rivolge direttamente allo spettatore, con dei titoli o delle voci che forniscono una visione, propongono un argomento o narrano una storia. La tradizione della voce onnisciente ha portato alla nascita di un commento dalla tipica voce colta, professionale, maschile e profonda che è diventata il simbolo della modalità descrittiva.
I documentari descrittivi utilizzano molto una logica informativa che è comunicata attraverso la parola. Le immagini hanno in questo caso una funzione di sostegno: il commento è solitamente presentato come separato dalle immagini del mondo che lo accompagnano e, infatti, serve a organizzarle e a dar loro un senso. Il commento quindi ha un grado d’importanza maggiore.
La modalità espositiva sottolinea l’impressione di oggettività e di un’opinione sostenuta da ottimi argomenti. Il commento fuori campo, che si svilupperà negli anni ’30, possiede la capacità di giudicare le azioni senza esserne invischiato. Il tono ufficiale del commentatore professionista cerca di comunicare un senso di credibilità confermato da qualità come la distanza, l’imparzialità, la neutralità e l’onniscienza.
Il documentario descrittivo è l’ideale per comunicare informazioni riguardo a un’opinione già esistente che necessità di supporto e conferma.
Modalità di osservazione (anni ’50)
La priorità è quella di osservare le esperienze vissute con spontaneità. Tutte le forme di controllo che un regista di film poetici o descrittivi poteva esercitare nell’ambito di messa in scena, disposizione o composizione di una ripresa furono sacrificate a questa priorità. L’intento di restare fedeli a questo spirito di osservazione nella post-produzione e durante le riprese ha portato alla creazione di film privi di commento fuori campo, senza musica aggiunta o effetti sonori, senza intertitoli né ricostruzioni storiche, senza ripetizioni di scene per la cinepresa e perfino senza interviste. La vita è ripresa nel modo in cui appariva realmente. Poiché il regista resta appartato nel suo ruolo di osservatore, allo spettatore tocca un ruolo più attivo nel determinare il significato di ciò che viene detto e fatto.
La premessa chiave dei film di osservazione è mostrare le cose così come sarebbero state, anche se la cinepresa non fosse stata presente.
Modalità partecipativa (anni ’50)
Le scienze sociali hanno promosso per lungo tempo lo studio dei gruppi. L’antropologia, per esempio, resta molto legata al cosiddetto “lavoro sul campo”, dove un antropologo vive a contatto con un popolo per un lungo periodo di tempo e, in seguito, scrive quanto ha imparato. Il fatto di condividere alcune abitudini con i soggetti al centro dello studio implica una partecipazione e l’atto dello scrivere un’osservazione distaccata. Anche i registi di documentari fanno ricerche sul campo; vivono anche loro tra culture diverse dalla loro e raccontano o rappresentano quello che hanno vissuto.
Quando si osservano documentari di questo tipo, ci si aspetta di scrutare il mondo attraverso una rappresentazione da parte di qualcuno che, invece di osservarlo da lontano, esprimerlo in termini poetici o argomentativi, ha deciso di affrontare l’oggetto del suo studio.
Questo stile di regia è definito da J. Rouch e E. Morin “cinema verità”, [B. Nichols, “Introduzione al documentario”, 124], in quanto enfatizza il fatto che si tratti della verità su un incontro, piuttosto che di una verità assoluta o innegabile.
Non tutti i tipi di documentari di partecipazione pongono l’accento sull’esperienza e l’interazione fra il regista e i soggetti. Il regista può introdurre anche una visione prospettica più ampia, spesso di natura storica. Per ottenere questo effetto si utilizzano le interviste. L’intervista, infatti, permette al regista di rivolgersi formalmente alle persone che compaiono nel film, invece che parlare al pubblico attraverso il commento fuori campo. L’intervista è una delle forme più comuni dell’incontro fra regista e soggetto all’interno del documentario partecipativo.
I registi utilizzano l’intervista per portare diversi racconti all’interno di una singola storia. La voce del regista emerge dal tessuto delle voci e del materiale portato a sostegno di quello che dicono. Come i racconti orali che sono registrati e trascritti per fornire una fonte essenziale di materiale, il tono schietto ed emotivo di questi resoconti dà una qualità irresistibile a questi film di testimonianza. Queste qualità forniscono alla modalità partecipativa un fascino notevole che nasce dalla possibilità di spaziare all’interno di una grande varietà di soggetti, dal più personale al più storico. Spesso, infatti, questa modalità riesce a intrecciare questi due soggetti in modo da creare una rappresentazione del mondo da un punto di vista particolare, che è allo stesso tempo imprevisto e impegnato.
Modalità riflessiva (anni ’80)
Se il mondo reale fornisce il luogo d’incontro in cui negoziare il rapporto fra regista e soggetto nella modalità partecipativa, questo processo di negoziazione diventa il punto focale d’attenzione nella modalità riflessiva. Più che seguire il regista mentre affronta gli altri attori sociali, in quest’ambito si assiste a come il regista affronta il pubblico, parlando non solo dei problemi del mondo ma anche di quelli che nascono dal rappresentarlo. Invece di guardare il documentario per vedere il mondo, i film riflessivi ci chiedono di guardare il documentario per ciò che è: una rappresentazione ricostruita. Questi film vogliono aumentare la consapevolezza del pubblico sulla difficoltà di rappresentare gli altri, tanto quanto vogliono convincere dell’autenticità e della verità della loro rappresentazione. Per ottenere questo risultato può essere mostrato, per esempio, il cameraman mentre riprende una scena del film.
Il risultato finale serve a decostruire l’impressione di avere un accesso semplice alla realtà e ci invita a riflettere sul processo di montaggio che rende possibile questa impressione.
La modalità riflessiva è quella che ha maggiore consapevolezza di sé e che maggiormente mette in dubbio se stessa. Un accesso realistico al mondo, l’abilità di fornire prove convincenti, la possibilità di trovare una prova inconfutabile, il legame tra l’immagine e ciò che indica sono tutte nozioni che sono messe in dubbio. Nella sua forma migliore, il film riflessivo, spinge lo spettatore a essere maggiormente consapevole del rapporto con il documentario e con ciò che rappresenta.
Modalità rappresentativa (anni ’80)
Come la modalità poetica quella rappresentativa si interroga su domande come: che cos’è la conoscenza? Che cos’è la comprensione? Quali elementi, oltre all’informazione sui fatti, formano la nostra comprensione del mondo? I documentari rappresentativi danno inoltre nuova enfasi alle qualità soggettive dell’esperienza, che si distaccano dal semplice racconto dei fatti. L’accostamento libero tra ciò che è accaduto e ciò che è immaginato è un tratto comune del documentario rappresentativo.
Si crea in questo modo l’allontanamento dell’interesse documentaristico dalla rappresentazione classica del mondo, preferendo libertà poetiche, strutture narrative non convenzionali e forme di rappresentazione più soggettive. La qualità referenziale del documentario, che ne conferma la funzione di finestra sul mondo, si sottomette alla qualità espressiva, che afferma l’importanza di una visione molto fisica e personale dei singoli soggetti, compreso il regista.
I documentari rappresentativi mischiano liberamente le tecniche espressive che danno forma e densità alla fiction e le tecniche di oratoria per affrontare i problemi sociali che né la scienza né la ragione possono risolvere. In questo modo si avvicina al dominio del cinema di sperimentazione o d’avanguardia, ma dando meno enfasi alla qualità artistica del film in sé, preferendo sottolineare la dimensione espressiva in relazione alla rappresentazione che viene data del mondo.
Le date dei vari sottogeneri indicano quando una modalità diventa un’alternativa comune, ogni modalità infatti ha dei predecessori e ognuna continua ad esistere anche oggi.
Questa è una breve panoramica sulle varie modalità utilizzate per realizzare i documentari, che oggi possiamo vedere in televisione, riguardanti i temi più diversi.